“Lui aveva fotografato tutto”. Con queste parole pronunciate da Elena, sorella di Giulia , inizia il mio contatto con l’omicidio Galiotto: da quella sera sono trascorsi ormai dieci anni ma quella frase continua ad avere un peso enorme, c’è dentro una verità che è rimasta autentica perché impressa nel cuore di una ragazza spontanea e diretta che con la sua testimonianza ha aiutato a fare luce su un femminicidio di cui tanto si è parlato, ma che ancora può scuotere le coscienze perchè l’amore non può uccidere e soprattutto non può essere ucciso. In questo senso, Giovanna Ferrari mamma coraggio di Giulia illustra lo spettacolo in memoria della figlia assassinata dal marito Marco Manzini:” Domenica 10 febbraio, ore 16.30, presso il Teatro Astoria di Fiorano andrà in scena un concerto-reading “Metti in circolo il tuo amore” per ricordare: deve uscire un messaggio positivo perchè oltre al vuoto per essere sopravvissuta a Giulia resta l’amore per la vita – continua – sarà un percorso tra brani e suoni a fare memoria che rimane una traccia indelebile di un ricordo che fa male, struggente ma capace di colorare i miei giorni”. Non c’è rabbia in quanto detto da Giovanna che puntualizza:”Un cammino a ritroso alla scoperta della Giulia che voleva salvare un matrimonio in crisi con quello che diventerà il suo carnefice: la voglia di mia figlia di diventare mamma e di contro lo smisurato narcisismo del marito, quella presunzione di essere forte e vincente che mal si concilia col rispetto e la voglia umile e disponibile di calarsi nei panni dell’altro per diventare senso di irresponsabilità e paura di affrontare le proprie debolezze e fragilità. Nello spettacolo – prosegue – non si parla mai direttamente di Marco, tutto è filtrato attraverso la voce e l’immagine di Giulia – chiarisce – questa scelta di metterlo in ombra nasce dal desiderio di non volerlo giudicare e di lasciarlo nell’oblio, il silenzio prodotto dalla sua assenza sul palcoscenico è il suo fuggire dagli impegni quotidiani della vita sulla strada di un confronto civile e responsabile con mia figlia: il voler scappare è sintomo di un essere incapace di chiarire, ecco spiegata la ricerca dell’assassino di avventure extra-coniugali. La cosa migliore – riferisce – è il non dargliela vinta, troppe volte il suo ghigno beffardo ha sfidato giudizi e deposizioni: il mio perdono è questo, senza rancore ma consapevole che non solo sia andato oltre, ma contro l’amore perchè in lui non c’è stato un movente passionale o un attacco di gelosia ma quella smania di controllare e catalogare tutto, il volere eliminare una figura ormai ingombrante sulla strada dei propri fallimenti anche tra le lenzuola: non riuscire ad avere e volere un figlio è diventato motivo scatenante della sua aggressività e della sua chiusura -conclude – mi auguro la società tutta sia capace di farsi interprete di valori positivi: la sconfitta può esserci, non deve mai mancare la voglia di ripartire per non diventare succubi delle proprie mancanze in un gioco perverso in cui la vittima degli insuccessi si trasformi in omicida; il diffondere amore può guarirci dai mali di questo tempo”.Tornando ad Elena, il suo senso pratico e la sua immediatezza portarono gli inquirenti a stringere il cerchio intorno al marito di Giulia, fu infatti la sorella della sposina assassinata a raccontare di essere venuta a sapere, poche ore prima dell’omicidio, da Giulia dell’incontro programmato tra i due coniugi la sera del delitto. Le menzogne del marito che cercò di presentare come suicidio la morte della moglie sono l’ennesimo segnale di una personalità che ha voglia di apparire dando vita a macabri scenari in cui si riduce, si limita il prossimo fino ad annullarlo e ad annientarlo: celebre la presunta lettera testamento di Giulia, architettata per l’occasione dall’omicida e ovviamente non rispondente al vero, prima del folle gesto. Un castello di bugie: l’omicidio avvenne la sera di mercoledì 11 febbraio 2009, alle ore 18 del giorno successivo Marco confessò il femminicidio pur mantenendo quel tenore di alterità che sempre caratterizzerà la sua difesa.”Lui aveva fotografato tutto”, una frase che scinde verità giuridiche dai pensieri di una sorella che conosceva certe dinamiche che porteranno ai meccanismi perversi dell’omicidio: non è stata contestata la premeditazione, evitata questa aggravante per una pena definitiva a 19 anni e 4 mesi di reclusione… “L’amore più forte di tutto, anche questo per non dargliela vinta” tuona Giovanna